La storia della manifestazione della musica leggera che si svolge dal 1951 è sempre stata caratterizzata da polemiche e critiche. Anche la 72ª edizione, che sta per prendere vita, sembra far passare in secondo piano la musica e le canzoni. Il motivo della esasperata trovata pubblicitaria è Drusilla Foer, nome d’arte di Gianluca Gori, musicista, attore, cantante di origine toscane, che ha inventato il personaggio di una nobildonna toscana che ha spopolato sul web diventando un’ icona.
Drusilla sarà una delle cinque co-conduttrici che affiancheranno Amadeus nella conduzione del festival in programma dall’ 1 al 5 Febbraio. Ornella Muti e Sabrina Ferrilli apriranno e chiuderanno la manifestazione, mentre nelle altre serate si alterneranno, sul palco dell’Ariston, Lorena Cesarini e Maria Chiara Giannetta, due giovani attrici.
Drusilla Foer ha attirato l’attenzione di molti ed in particolare dell’associazione Pro Vita & Famiglia, che ha promosso una petizione, indirizzata alla Rai, perché la manifestazione canora nota in tutto il mondo non sia strumentalizzata per propagandare i movimenti Gender e Lgbt.
Gianluca Gori, in arte Drusilla, presentandosi in una delle più popolari trasmissioni televisive si propone come modello di quel mondo lgbt che dichiaratamente osteggia la famiglia come società naturale basata su valori biologici e culturali.
Il Festival di Sanremo è sempre stato una manifestazione dedicata alla musica italiana nelle sue multiformi espressioni interpretata da artisti circondati dall’incanto di variopinti addobbi floreali, un’occasione per mostrare il life style delle grandi case di moda e la gioia e la cordialità della sua gente.
Il trascorrere del tempo sembra cancellare un po’ tutto questo fino ad intaccare la figura stessa delle donne destinate ad assumere sul palco il ruolo subalterno di vallette e mai di conduttrici.
La presenza di Drusilla corre il rischio di sminuire ulteriormente il ruolo delle donne già a messo a dura prova nella società. Un’ennesima forzatura e una evidente strumentalizzazione politica. Fino a che punto grande e piccolo schermo si mostreranno (apparentemente) alleate per esaltare una radicale ridefinizione dell’identità sessuale?