L’omelia dell’Arcivescovo Delpini nella Messa Pontificale di Pasqua

Dopo la celebrazione della Veglia pasquale di ieri sera, è da poco terminato in Duomo il Pontificale presieduto dall’Arcivescovo, mons. Mario Delpini, celebrato come da tradizione in latino. Dopo avere rivolto, all’inizio della Messa, un saluto ai fedeli presenti anche in inglese e in spagnolo, nella prima parte dell’omelia l’Arcivescovo si è concentrato sulle «domande dell’umanità smarrita», provocate «dall’esasperazione e dalla stanchezza per le situazioni drammatiche».

«L’esasperazione – ha aggiunto – degenera poi in disperazione di cui raccolgo il grido nelle carceri dove il regime si è fatto severo, nelle miserie dove le promesse si sono rivelate inganni, nelle emarginazioni dove i muri si sono fatti invalicabili». E anche «le domande del possesso s’aggirano per le strade del paese e sono come un cruccio, un tormento. Possedere diventa l’intenzione di un desiderio miope».

Ma con la sua Resurrezione, ha proseguito mons. Delpini, Gesù «visita le situazioni insopportabili. Non offre la soluzione invocata. Piuttosto affida la missione di essere protagonisti di una vita nuova». Ora, dunque, «si forma la gente di Pasqua, la gente delle beatitudini, gli operatori di pace, che sono i figli di Dio. (…) Siamo il popolo della Pasqua: quelli che bussano ai palazzi del potere per contestare il potere che vuole la guerra; quelli che visitano i luoghi della miseria per offrire l’amicizia per intraprendere una vita nuova». E ha concluso: «La vita è occasione per costruire la pace, per vivere e morire come lui stesso ha vissuto ed è morto, vivere e morire per amore».

La Messa in Duomo ha fatto seguito a quella celebrata alle 8.45 insieme ai detenuti della Casa circondariale “Francesco Di Cataldo” a Milano. Con i Secondi Vespri Pontificali di questo pomeriggio alle 16.30, sempre nella Cattedrale, si concluderanno i Riti del Triduo pasquale. 

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