Venerdì scorso 11 ottobre è iniziata la Scuola Nazionale di Dottrina sociale della Chiesa dedicata al tema “Prigionieri di un algoritmo? Il virtuale imposto come reale” con la Lezione introduttiva di Stefano Fontana. Pubblichiamo qui un estratto della parte iniziale della Lezione. Il programma (QUI).
di Stefano Fontana – C’è una stretta connessione tra l’artificio, che oggi chiamiamo “il virtuale”, e la struttura della ideologia. Quest’ultima, infatti, consiste nel sovrapporre alla realtà una costruzione di pensiero artificiale allo scopo di forzarla e/o sostituirla. C’è quindi una sinonimia tra imposizione di una visione “costruita” ad arte, per questo si chiama artificio, e la struttura dell’ideologia, nel senso assunto da questo termine da quando Destutt de Tracy lo usò per la prima volta dopo la Rivoluzione francese, nel 1795, in una sua relazione all’Istituto di Scienze lettere ed arti appena costituito dai Termidoriani. Il luogo e il momento della nascita del termine sono già indicativi del suo significato artificiale e quindi negativo.
La struttura artificiale dell’ideologia ha alcune caratteristiche che vogliamo qui brevemente ricordare. Prima di tutto artificio e ideologia significano l’occultamento della realtà. La realtà vera viene coperta dalle narrazioni artificiose create e imposte da un qualche potere. Essa proietta sulla realtà una sistematica reinterpretazione che impedisce di coglierla per quello che è. Ciò è entrato anche nell’uso corrente. Per esempio, oggi sentiamo dire attorno a noi che quello Green è un progetto ideologico, che le emergenze sanitaria o climatica sono a carattere ideologico o, più semplicemente, che la critica di una parte politica ad un’altra o al governo è ideologica. L’ideologia nasconde e rispiega la realtà in altro modo. Attenzione però che il gioco dell’occultamento della realtà si complica. Prendiamo il marxismo: esso critica l’ideologia borghese come sovrastruttura che nasconde la realtà allo scopo di giustificare e mantenere i rapporti di classe esistenti. Anche qui, come si vede, siamo davanti ad una accusa di occultamento della realtà. Ma questa realtà è la realtà vera o è a sua volta una produzione ideologica del marxismo? La seconda ipotesi è senz’altro la più attendibile. Questo ci dà un suggerimento interessante: è importante sapere cosa si intende per realtà.
Un secondo aspetto riguarda la volontà del plesso artificio-ideologia di trasformare la realtà, di trasfigurarla in una realtà inedita. Il fatto di coprirla e nasconderla si fonda sulla volontà di negarla e questa negazione è ordinata ad un progetto di cambiamento totale. Tipica in questo senso la frase di Marx nelle sue Glosse a Feuerbach: “finora gli uomini hanno tentato di interpretare il mondo, ora è il momento di cambiarlo”. Per questo motivo possiamo dire che emergono due nuovi caratteri importanti: l’operatività e la rivoluzione. Qui si potrebbe inserire anche una struttura che solitamente viene contrapposta all’artificio e all’ideologia, ma invece è ad essa complementare, mi riferisco all’utopia, ma su questo punto non mi soffermo per esigenze di brevità.
C’è poi un altro carattere di notevole interesse. L’ideologia esprime sempre un punto di vista di parte, una prospettiva particolare assunta convenzionalmente e per fini operativi che però pretende di valere per il tutto. L’ideologia è la parte che si stacca dal tutto, e per fare questo assume una ipotesi prodotta ad hoc, ossia funzionale all’obiettivo operativo e artificiale. Facciamo anche qui un esempio tratto dal marxismo: la prospettiva del proletariato è una prospettiva di parte, ma poi il proletariato è inteso come la classe che porta con sé il senso della storia e che condurrà l’evoluzione astorica al suo compimento finale. Come si vede, la parte diventa il tutto. Per fare altri esempi: il femminismo, l’operaismo, l’ecologismo, il sessualismo e, da un punto di vista storico, l’intero Sessantotto.