Io fui sui monti come un irto fiore di Onorina Dino

“Io fui sui monti come un irto fiore” (Àncora Editrice, pagg. 192, € 18.00) di Onorina Dino è una raccolta di poesie di Antonia Pozzi (Milano, 13 Febbraio 1912 – Milano, 3 Dicembre 1938).

Ogni lirica presente nel libro è seguita da un commento ed il testo non è da considerarsi come una semplice raccolta, ma come un’opera che valorizza gli scritti e la vita della poetessa, figlia di una famiglia alto borghese, ma fortemente attratta dalla vita delle persone semplici e dalla natura alpestre.

Occorre precisare che Onorina Dino ha creato l’Archivio Antonia Pozzi a Pasturo (Lecco), ora collocato presso il Centro Internazionale Insubrico di Varese, dove sono raccolte le opere e gli scatti fotografici della poetessa fotografa.

Ciò ha consentito all’Autrice una profonda conoscenza di ciò che Antonia Pozzi aveva scritto ed ha così potuto iniziare un lavoro di riflessione sulle liriche al fine di dare valore a ciò che la poetessa raccontava nelle sue poesie.

Nel libro sono riportate liriche che riprendono una serie di pubblicazioni per la rivista di Pasturo “Il Grinzone”.

Le poesie di Antonia appaiono ad una prima lettura complesse e ad ogni nuova lettura si scoprono significati in precedenza non compresi.

A scopo esemplificativo si possono ricordare alcune liriche come “Brugheria” dedicata ad una giornata di caccia nella brugheria di Somma Lombardo.

Antonia scrivendo questa poesia parla di due solitudini: quella di un ramarro verde che si riscalda al sole di Aprile e quella di Antonia, cioè se stessa, che percepisce l’avvicinarsi della guerra che non vedrà. La solitudine diventa il mezzo con cui Antonia vive la libertà osservando la natura che già aveva i colori della Primavera.

Nella poesia “Le donne”, scritta allo scoppio della Guerra di Etiopia (1935-36), la poetessa contrappone al trionfalismo del Regime fascista lo smarrimento delle donne che vedono andare i loro cari verso la morte.

In “Le montagne” e “Voci di donna” emergono ancora le paure per la guerra di Spagna (1936). In questa lirica Antonia prende le distanze dall’idea paternalistica del fascismo per comprendere le tragiche conseguenze che le scelte fatte dal regime venivano a determinare sulla popolazione che la poetessa percepiva in sintonia con ciò che le persone subivano.

In “Sera a Settembre” lo sguardo di Antonia è rivolto ai forestieri in particolare ad una famiglia di zingari arrivata a Pasturo poco sopportata e gradita dagli abitanti autoctoni, evidenziando la sua particolare sensibilità nei confronti dei deboli.

Numerose sono le liriche dedicate alla natura come quelle in cui parla di Sorrento, delle vette dolomitiche, così come dell’amata Grigna di Pasturo. In tutte queste poesie Antonia non descrive solo il paesaggio, ma inizia un viaggio interiore caratterizzato dal un originale simbolismo dove come in “Odore di verde” crea un parallelismo tra un odore respirato e vissuto ed un particolare momento della sua vita.

Occorre menzionare le liriche dove Antonia tratta temi come l’amore, la gioia, la solitudine, il dolore; altrettanto suggestive appaiono le poesie dedicate alla spiritualità dove Antonia non fa riferimento ad una precisa confessione religiosa, ma si rivolge ad una ampia spiritualità per affrontare il mistero della vita e della morte nella costante ricerca del reale valore dell’esistenza.

Antonia Pozzi muore, suicida davanti all’abbazia di Chiaravalle, il 3 Dicembre 1938. Nella sua breve vita di poetessa fotografa con le sue liriche, caratterizzate da un originale simbolismo, riesce a dare voce a chi ed a ciò che non ha voce raccontando ciò che vive con le emozioni che solo le parole di una poesia riescono a dare.

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