Fonte: https://www.anvgd.it/giuliani-fiumani-e-zaratini-estromessi-dal-voto-del-2-giugno/
di Lorenzo Salimbeni – 2 giugno 1946, gli italiani sono chiamati ad un duplice appuntamento alle urne: il referendum istituzionale tra Repubblica e Monarchia e le elezioni per l’Assemblea Costituente, la quale fungerà anche da Parlamento. È il momento fondante del nuovo Stato italiano, che si ricostruisce dopo la debellatio accettata con la resa incondizionata sancita dall’armistizio diventato di pubblico dominio l’8 settembre 1943. Per la prima volta in Italia anche le donne partecipano al voto. Vengono ripristinate le Circoscrizioni con le quali si era votato fino alla svolta autoritaria ed accentratrice del governo Mussolini. La XII Trieste-Venezia Giulia-Zara viene però interessata da un provvedimento ad hoc, emesso meno di una settimana dopo che il Decreto Luogotenenziale n. 74 del 10 marzo 1946 aveva fornito le prime disposizioni per la duplice votazione. Il 16 marzo il Decreto Luogotenenziale n. 99 ritiene «impossibile lo svolgimento delle elezioni nella Venezia Giulia a causa dell’attuale situazione internazionale» sicchè «per il Collegio elettorale della Venezia Giulia […] la convocazione dei comizi elettorali sarà disposta con successivi provvedimenti».
Nessun successivo provvedimento ha mai disposto tale convocazione. Territori che, in attesa del nuovo confine definito dal Trattato di Pace, facevano ancora parte dell’Italia vennero estromessi dall’evento che gettava le basi della nuova Italia. Qual era la «situazione internazionale» che causò tale sospensione del diritto di voto dei cittadini italiani residenti in quelle province che il Trattato di Rapallo del 1920 ed il Trattato di Roma del 1924 avevano assegnato all’Italia in maniera internazionalmente riconosciuta?
Il primo maggio 1945 era iniziata l’occupazione della Venezia Giulia e di Fiume da parte dell’esercito della Jugoslavia comunista, che aveva reso la lotta di liberazione nazionale del Regno di Jugoslavia dagli occupanti stranieri e dai loro collaborazionisti una guerra espansionistica nei confronti degli Stati confinanti. Quaranta giorni di epurazione politica nei confronti di oppositori del progetto espansionista jugoslavo, fascisti o antifascisti che fossero. La seconda ondata di stragi nelle foibe, deportazioni, marce forzate e campi di concentramento. Il 12 giugno entrò in vigore l’accordo di Belgrado che gli anglo-americani avevano stipulato con il dittatore comunista Tito: seguendo la demarcazione definita dalla Linea Morgan si costituivano una Zona A (Trieste, Gorizia e Pola) sotto Governo Militare Alleato ed una Zona B (Istria e Fiume) sotto Governo Militare Jugoslavo. Zara, già “liberata” dai titini nel novembre 1944 sperimentando le “foibe azzurre” (le vittime dell’apparato repressivo orchestrato dall’OZNA venivano gettate in mare con una pietra al collo), non veniva nemmeno presa in considerazione.
La sovranità italiana non era ancora cessata, i Governi militari avrebbero dovuto garantire la sicurezza ed il regolare svolgimento della vita civile, ma di fatto la Zona B venne progressivamente distaccata dall’Italia. A fine ottobre venne introdotta una nuova valuta, la Jugolira, scatenando a Capodistria proteste represse con morti e feriti. Il 25 novembre vennero indette elezioni amministrative in cui l’unico partito presente sulle schede era il Fronte Popolare, espressione del Partito Comunista Jugoslavo, il quale aveva peraltro già cominciato ad epurare comunisti istriani che avevano contestato le rivendicazioni nazionaliste slovene e croate che si celavano dietro gli slogan comunisti del regime. Il dissenso della comunità italiana si manifestò disertando le urne, per cui la gente fu trascinata dagli apparati polizieschi a votare al fine di dimostrare l’adesione plebiscitaria alle nuove istituzioni. Nel marzo 1946 la Commissione Interalleata di Controllo visitò l’Istria per valutare la composizione etnica in base alla quale definire il nuovo confine: nessuna manifestazione di italianità fu ammessa nella Zona B, gli italiani si disegnavano il Tricolore sul palmo delle mani sperando che salutando il passaggio dei Commissari qualcuno di loro se ne accorgesse in mezzo ad un tripudio di bandiere jugoslave e di slogan croati.
Di fronte a questa situazione le autorità anglo-americane non intesero forzare la mano a Belgrado affinchè consentisse agli istriani, fiumani e zaratini di partecipare al voto del 2 giugno e parimenti triestini e goriziani non vennero consultati poiché la significativa presenza di sloveni e comunisti favorevoli all’annessione alla Jugoslavia avrebbe potuto creare disordini, come dimostrò la sassaiola che accolse i ciclisti del Giro d’Italia nella tappa Rovigo-Trieste il 30 giugno 1946.
«La convocazione dei comizi elettorali sarà disposta con successivi provvedimenti» che mai vennero promulgati.