Martedì scorso, 27 Febbraio, il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni è stata ospite della stampa estera in un albergo romano e nel corso del breve saluto ha scherzosamente detto: «Mi invitate nel giorno in cui ho perso le elezioni e mentre sto facendo la Quaresima non posso neppure affogare i dispiaceri nell’alcol».
Aldilà dell’arguta battuta, qualche giornalista presente ha notato che, evocando la Quaresima, Meloni s’è idealmente ricollegata, senza rammentarla, a quella celebre frase che l’ha resa molto popolare: «Sono Giorgia, sono una madre, sono una donna, sono italiana e sono cristiana».
Nel medesimo incontro il Capo del Governo ha anche confidato: «Ho molto dei sette vizi capitali, quasi tutti, ma non ho quello più subdolo di tutti e più devastante per un politico: la vanità».
C’è stato un periodo in cui la società italiana, subito dopo il disastroso secondo conflitto mondiale, è stata fortemente permeata di valori giudaico-cristiani. Un periodo in cui, fiduciosi degli insegnamenti della Chiesa, molti italiani erano orgogliosi delle loro tradizioni religiose tanto da vivificare con convinzione quella particolare forma di evangelizzazione che va sotto il nome di pietà popolare.
Non solo era straordinariamente venerato il Santo Patrono protettore del paese, ma anche i tempi forti dello spirito, Avvento prima di Natale e Quaresima prima di Pasqua, erano vissuti con devozione seguendo precisi riti liturgici: Novena di Natale, Via Crucis ogni venerdì.
Quel periodo ha visto contestualmente crescere il benessere economico in larghissimi strati della società portando il nostro Paese a raggiungere il quinto Prodotto interno lordo mondiale.
Coincidenza fortuita? Può essere. Ma è innegabile che fino a quando in Italia ha prevalso una cultura ispirata ai valori giudaico-cristiani la qualità della vita è stata elevata. Con l’affermarsi del processo di secolarizzazione il benessere s’è via via concentrato in fasce sempre più ristrette di popolazione. Anche questo è un dato oggettivo sottolineato da molti analisti.
Ad inizio 2021, secondo l’Istat, il 79,6% della popolazione residente in Italia risulta cristiano (in particolare il 74,5% cristiano cattolico); il 15,3% è ateo o agnostico e il 5,1% professa una religione non cristiana.
La quota dei praticanti sarebbe scesa, nell’ultimo quinquennio, dal 33,1 per cento al 25,4. In pratica alla Messa domenicale parteciperebbero poco più 9 milioni di fedeli: adolescenti (circa 12 per cento), giovani (8), adulti (17), persone oltre i 65 anni (28).
La secolarizzazione ha inciso anche sulle vocazioni sacerdotali che sono drasticamente diminuite. L’accorpamento delle parrocchie in comunità pastorali è la risposta che le varie diocesi sono state costrette ad approntare per far fronte alla carenza di presbiteri.
Contemporaneamente la Chiesa reagisce per rilanciare il messaggio evangelico con proposte adeguate al tempo presente. Così, ad esempio, la Diocesi di Milano si prepara a realizzare, dal 13 al 17 Marzo, la prima edizione del “Soul Festival di Spiritualità” in cui personalità di elevato profilo culturale daranno vita ad una cinquantina d’incontri, nell’intento di rinvigorire la crescita spirituale proprio nel tempo di Quaresima.
Nei quaranta giorni che precedono la Pasqua i fedeli sono esortati a praticare forme di astinenza o moderazione come atti di penitenza e purificazione.
Un tempo si diceva «fare un fioretto» come, per esempio, diminuire il numero di sigarette fumate, astenersi dai liquori e dai dolci, disertare le sale cinematografiche, i teatri, le sale da ballo, insomma fare qualche piccolo sacrificio per arrivare a Pasqua spiritualmente fortificati.
Chissà quanti saranno gli italiani che oggi digiunano, non mangiano carne il venerdì o fanno un piccolo sacrificio per prepararsi al Triduo pasquale?
Di qui, forse, la sconcertante rivelazione di Giorgia Meloni impegnata ad onorare il giorno della Risurrezione con un fioretto.
didascalia: Giorgia Meloni, presidente del Consiglio dei Ministri (archivio Resegoneonline).