Domenica prossima, 12 Maggio, la Chiesa celebra la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, giunta alla sua 58esima edizione. Il tema scelto da Papa Francesco quest’anno è: “Intelligenza artificiale e sapienza del cuore: per una comunicazione pienamente umana”.
Il messaggio del Papa va dritto dritto al problema di fondo: il danno all’umanità quando i mezzi d’informazione sono esclusivamente usati per tutelare gli interessi di chi li possiede. In pochissimi anni l’intero mondo delle comunicazioni sociali s’è trasformato grazie anche ad una sempre più sofisticata tecnologia il cui uso è stato messo a disposizione di miliardi di persone.
In particolare nel campo dell’informazione si sono affermati – con tutta la loro prorompente efficacia – i social media, il cui uso, fatto da politici, istituzioni e organizzazioni di vario genere mira spesso a veicolare messaggi non necessariamente rispettosi della verità, ma esclusivamente utili a tutelare i propri interessi.
Questo modo di usare i social media, riassunto nell’espressione “camera dell’eco” (echo-chamber), oltre che incontrollabile perché amplificato dalla condivisione tra amici e conoscenti, può risultare drammaticamente dannoso potendo veicolare notizie verosimili (fake news), ma offerte in rete al pubblico come verità. L’avvento dell’intelligenza artificiale, se usata in modo improprio, rende ancora più vulnerabile il mondo dell’informazione.
Non a caso, nel suo messaggio per la 58a Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, Papa Francesco si pone una serie di domande. Per esempio «come tutelare la professionalità e la dignità dei lavoratori nel campo della comunicazione e della informazione, insieme a quella degli utenti in tutto il mondo? Come garantire l’interoperabilità delle piattaforme? Come far sì che le aziende che sviluppano piattaforme digitali si assumano le proprie responsabilità rispetto a ciò che diffondono e da cui traggono profitto, analogamente a quanto avviene per gli editori dei media tradizionali?».
Ancora più analiticamente Papa Francesco si chiede «come rendere più trasparenti i criteri alla base degli algoritmi di indicizzazione e de-indicizzazione e dei motori di ricerca, capaci di esaltare o cancellare persone e opinioni, storie e culture? Come garantire la trasparenza dei processi informativi?
Come rendere evidente la paternità degli scritti e tracciabili le fonti, impedendo il paravento dell’anonimato? Come rendere manifesto se un’immagine o un video ritraggono un evento o lo simulano?
Come evitare che le fonti si riducano a una sola, a un pensiero unico elaborato algoritmicamente? E come invece promuovere un ambiente adatto a preservare il pluralismo e a rappresentare la complessità della realtà? Come possiamo rendere sostenibile questo strumento potente, costoso ed estremamente energivoro? Come possiamo renderlo accessibile anche ai Paesi in via di sviluppo?».
Una serie di quesiti, questi, che dimostrano quanto avvertita sia la visione del Pontefice sui pericoli a cui è esposto il mondo delle comunicazioni sociali.
«Non possiamo pretendere questa sapienza dalle macchine», sottolinea, infatti, Papa Francesco. «Benché il termine intelligenza artificiale abbia ormai soppiantato quello più corretto, utilizzato nella letteratura scientifica, machine learning, l’utilizzo stesso della parola “intelligenza” è fuorviante. Le macchine possiedono certamente una capacità smisuratamente maggiore rispetto all’uomo di memorizzare i dati e di correlarli tra loro, ma spetta all’uomo e solo a lui decodificarne il senso.
Non si tratta quindi di esigere dalle macchine che sembrino umane. Si tratta piuttosto di svegliare l’uomo dall’ipnosi in cui cade per il suo delirio di onnipotenza, credendosi soggetto totalmente autonomo e autoreferenziale, separato da ogni legame sociale e dimentico della sua creaturalità».
Parole semplici, ma pesanti come il piombo, su cui riflettere a lungo.