Editoriale – Giù le mani dal nostro agroalimentare

Le persone che più sono a contatto con la natura, gli agricoltori e gli allevatori, hanno richiamato l’attenzione di milioni di europei su ciò che più di concreto esiste al mondo: i prodotti della terra che sfamano il mondo.

Possiamo enfatizzare le “conquiste” che l’intelligenza artificiale sta per metterci a disposizione o rallegrarci delle mirabolanti applicazioni di una tecnologia sempre più sofisticata, ma se non c’è chi raccoglie patate, zucchine e fagioli, chi semina grano, chi cura le viti e gli alveari, moriamo tutti di fame.

È diabolico incentivare, con il denaro pubblico, l’abbandono di terreni fertili o la riduzione di allevamenti di bovini perché sarebbero rei di produrre spropositate emissioni di gas serra.

Che razza di politica è quella di distruggere campi, risaie, uliveti, vitigni, di abbattere animali, di comprimere la produzione di latte?

Chi è interessato a ridurre le aziende agricole, a soffocare il mondo contadino annientandone valori e tradizioni?

L’ambientalismo ideologizzato, supportato a Strasburgo e a Bruxelles da politici e burocrati fedeli interpreti dell’Agenda 2030, è stato apertamente contestato e saggiamente messo alla berlina da una fiumana di trattori che hanno pacificamente assediato tante città europee.

In Italia, lo scorso anno, l’export agroalimentare ha raggiunto 64 miliardi di euro, il valore massimo di sempre, con una crescita del 6 per cento rispetto al 2022.

Il dato, confermato da Coldiretti sulla base degli indici Istat, ha messo anche in luce come il principale mercato di destinazione dei prodotti agroalimentari italiani sia l’Unione Europea con, in cima, la Germania, subito seguita dalla Francia.

Qualità e valori custoditi dall’agricoltura italiana sono testimoniati dalle produzioni riconosciute con le sigle Dop (Denominazione di origine protetta), Igp (Indicazione geografica protetta) e Stg (Specialità tradizionale garantita).

Il nostro Paese è il primo in Europa per numero di marchi riconosciuti: 325 Dop/Igp/St, 526 vini Dop/Igp e 5.547 prodotti alimentari tradizionali.

Di fatto, l’Italia, con la leadership di 80.000 operatori nel biologico, ha l’agricoltura più green d’Europa.

Spiega Coldiretti che il Belpaese «è anche il primo produttore europeo di riso, grano duro e di molte verdure e ortaggi tipici della dieta mediterranea come pomodori, melanzane, carciofi, cicoria fresca, indivie, sedano e finocchi.

Per quanto riguarda la frutta primeggia poi in molte produzioni importanti: dalle mele e pere fresche, dalle ciliegie alle uve da tavola, dai kiwi alle nocciole fino alle castagne».

Secondo l’Annuario Crea il fatturato dell’agroalimentare italiano è di 621 miliardi di euro (il 15% del totale nazionale).

Si può rinunciare ad un patrimonio di tale entità?

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