Editoriale – Cresce la fiducia nei complottisti e cala quella dei giornalisti

In Italia si vendono sempre meno giornali. Gli italiani, però, sono assetati d’informazione, che sempre più cercano nei social media. Le copie di quotidiani vendute giornalmente in formato cartaceo (oggi poco meno di 1,2 milioni), su base annua si sono ridotte del 10% (risultavano pari a 1,33 milioni nel 2022, ultimo dato disponibile).

Dal sito della Fnsi (Federazione nazionale della stampa, il sindacato dei giornalisti), che ha sintetizzato la relazione dell’Osservatorio sulle comunicazioni relativo al 2023 dell’Agcom (Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni), apprendiamo che, per quanto riguarda il nostro Paese, «la fiducia complessiva nelle notizie rimane stabile al 34%, mentre cala di due punti e si attesta al 10% la fetta di italiani che pagano per le notizie online.

Il 32% ha ascoltato i podcast nell’ultimo mese e il 39% condivide le notizie su social media, chat ed e-mail (principalmente Facebook e WhtsApp, anche se in calo rispetto allo scorso anno)».

Il dato più significativo è che ben l’82% dei nostri concittadini legge le notizie sullo smartphone confermando, nel contempo, che continua a diminuire l’acquisto dei quotidiani.

«Il 13% dichiara di utilizzare fonti di stampa (-3% su base annua), mentre scende di quattro punti percentuali la tv, che si assesta al 65%», è sempre la Fnsi a rilevarlo. «C’è una accelerazione della crisi dei giornali a causa di un consistente calo delle copie vendute (-37% dal 2019 al 2023) e degli inserzionisti che preferiscono altre piattaforme. La pubblicità online ha la leadership (58%) e ha preso il posto di quella in tv (29%) e carta stampata (5%). Tuttavia, sottolinea il rapporto Agcom, “la crescita della pubblicità online non sta fornendo un’ancora di salvezza al settore dell’informazione in difficoltà”. Gli editori generano solo una piccola parte (15%) dei ricavi pubblicitari digitali mentre piattaforme come Alphabet/Google e Meta/Facebook fanno la parte del leone (85%)».

Ecco come stanno le cose. I colossi del web cannibalizzano la pubblicità che potrebbe essere destinata agli editori italiani e, in subordine, alle testate online nate per l’intraprendenza di piccoli imprenditori o di cooperative di giornalisti.

Attraverso la raccolta pubblicitaria pochi grandi social network controllano l’informazione o direttamente, o mediante siti e testate disposte non solo ad ospitare i loro invasivi banner (che spesso rendono difficile la lettura dei testi) ma anche ad accettare compensi irrisori per gli spazi offerti.

Alphabet/Google e Meta/Facebook, oltre che generare smisurati profitti (grazie anche ai dati personali gratuitamente offerti da due miliardi di persone), sono quindi in grado di orientare le scelte di tante opinioni pubbliche che si abbeverano ai siti da loro sorvegliati.

La stampa non morirà, i giornali sopravviveranno, ma editori e giornalisti dovranno tornare a fare quello per cui sono nati: informazione. Purtroppo per anni giornali e giornalisti hanno gridato al complottismo di chi solo s’interrogava su ciò che stava accadendo. Gli effetti avversi di alcuni presunti vaccini, che in molti casi portano alla morte, stanno scuotendo l’opinione pubblica che, sentendosi tradita da un’informazione a senso unico la rinnega. In piena pandemia (a parte “La Verità”, solitario foglio a distinguersi nel panorama mediatico) pochi giornali online e alcuni blog si sforzavano di leggere i fatti al di fuori del pensiero unico; e ancora oggi sono i medesimi soggetti a veicolare informazioni sui pericoli di strane scie, insolite nubi, misteriose bombe d’acqua che assomigliano

più a esperimenti di geoingegneria che ad eventi naturali.

Insoliti cicloni, anticicloni, maremoti, movimenti sismici e sabbia sahariana contenente alluminio, cobalto, vanadium, arsenico, cadmio, zinco, bario, manganese, stronzio, zinco, litio, piombo, ferro alimentano sospetti di interferenze sul clima causate dall’uomo. L’interrogativo allora diventa: ma se è possibile il cambiamento climatico, a chi e perché può interessare governarlo?

Oltre a scrollarsi di dosso l’invadenza dei mercanti della rete (leggi Gates, Zuckerberg & C.), l’intero apparato massmediatico ed in particolare il giornalismo italiano sono sollecitati a dare notizie e a limitare i commenti.

Prima chiude la stagione degli imbonitori del pensiero unico a servizio delle consorterie assetate di potere per il potere, prima gli italiani torneranno ad avere fiducia nei giornalisti e nei giornali.

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