Strana persona Joe Biden: spesso poco lucido, esitante e, in qualche occasione persino incapace di tenere il filo del discorso, è però abilitato ad ordinare il lancio di missili sul territorio russo e di fornire un nuovo quantitativo di mine antiuomo pur di proseguire la guerra contro Mosca.
Va dato atto a Washington e a Londra di avercela messa tutta per trascinare la Russia in un terzo conflitto mondiale.
In un video del 20 Giugno 1997, c’è la testimonianza di Biden, all’epoca senatore del Delaware, che pronostica come sarebbe stato possibile spingere Mosca a scatenare una guerra favorendo la contiguità di territori della Nato con la Russia. Evento che puntualmente s’è verificato nel 2014 e i cui strascichi hanno poi portato all’invasione dell’Ucraina due anni fa.
C’è da augurarsi che Vladimir Putin, presidente della Russia, tenga i nervi saldi e non si lasci trascinare oltre nell’intensificare la guerra, anche se ha rimodulato la dottrina con le condizioni per l’uso di armi atomiche.
La posizione del Governo italiano, fin dallo scoppio della guerra in Ucraina, è stata chiara: solidarietà ad uno Stato aggredito, ma divieto di usare armi in grado di violare il territorio russo.
In punto di diritto Meloni ha giustamente riconosciuto l’integrità territoriale dovuta alla sovranità dell’Ucraina, accettando però, nel contempo, la narrazione della Nato a guida statunitense che ha sempre glissato sulle richieste della Russia in materia di sicurezza nazionale.
Forse è giunto il momento di vedere da una diversa prospettiva la guerra in Ucraina, la pandemia, le politiche green, il processo di deindustrializzazione dell’Europa, l’immigrazione incontrollata del Vecchio Continente. La prospettiva di una visione del mondo che – azzardiamo – potrebbe unire Putin a Trump, entrambi impegnati a contrastare quel Deep State così bene incarnato dai democratici americani insieme alle sinistre europee. Usando un’espressione coniata negli anni della Prima Repubblica potremmo parlare di “convergenze parallele”.
Putin non s’è sottomesso all’Agenda 2030, anzi, l’ha contrastata e ha fatto piazza pulita di tutti gli oligarchi. Trump si appresta a fare altrettanto con le élite tecnocratiche e globaliste che si riuniscono a Davos. Mentre la presidente Von Der Leyen, con la complicità di molti leader, capi di Stato e persino del Pontefice, imponeva a milioni di europei “sieri magici”, tanto costosi quanto inutili, Putin adottava lo “sputnik V”, un vaccino che, preparato dai suoi medici, s’è dimostrato molto efficace per debellare il virus SARS-CoV.
Trump, affidando il dicastero della Salute a Robert Kennedy Jr, che fin dal 2020 aveva avanzato sospetti sull’intera pandemia e sui vaccini per bloccarla, sta esplicitamente riconoscendo a Putin di avere correttamente gestito la tremenda epidemia.
Al dilagare di leggi permissive favorevoli all’aborto, all’unione di coppie omosessuali e, più in generale, all’ideologia gender promosse da Stati Uniti e Unione Europea, Putin s’è opposto con grande fermezza. Di più: sostenuto dalla Chiesa ortodossa, il Capo del Cremlino ha voluto riaffermare la sua fedeltà ad usi, costumi e tradizioni dell’atavica cultura russa saldamente ancorata al dritto naturale.
Nel 2013, alla riunione annuale del Club Valdaj, un forum di discussioni politiche, Putin riassumeva il suo pensiero sull’Occidente. «Un’altra grave sfida all’identità della Russia è legata ad eventi che avvengono a livello mondiale e che hanno aspetti di politica estera e morali», sottolineava. «Vediamo come molti Paesi euro-atlantici sono giunti di fatto a ripudiare le loro radici, comprese le radici cristiane che costituiscono la base della civiltà occidentale. Vengono negati i principi morali e tutte le identità tradizionali: nazionali, culturali, religiose e perfino sessuali. Si sta applicando una politica che mette sullo stesso piano le famiglie numerose e le convivenze omosessuali, la fede in Dio con la credenza in Satana. Il politicamente corretto ha raggiunto tali eccessi, che si discute seriamente di registrare partiti politici che promuovono la pedofilia. In molti Paesi europei la gente si vergogna o ha paura di manifestare la propria appartenenza religiosa. Le festività sono chiamate con altri nomi o perfino abolite; la loro essenza religiosa viene nascosta vergognosamente, così come il loro fondamento morale. Sono convinto che questo apre una strada diretta verso il degrado e il ritorno a uno stato primitivo, ad una profonda crisi demografica e morale. E cos’altro testimonia più drammaticamente la crisi morale di una società umana della perdita della capacità di auto-riprodursi? E oggi praticamente tutte le nazioni sviluppate non sono più capaci di riprodursi, nemmeno con l’aiuto delle immigrazioni. Senza i valori incorporati nel Cristianesimo e nelle altre religioni storiche, senza le norme morali che hanno preso forma dai millenni, le persone perderanno inevitabilmente la loro dignità umana. Ebbene: noi riteniamo naturale e giusto difendere questi valori».
L’aspetto più importante, però, che accomuna Putin e Trump (di vitale importanza per milioni di persone), è il desiderio di entrambi di porre termine alla guerra. Il primo perché ha avuto troppi soldati deceduti, il secondo perché ha un Paese stanco di spendere soldi per sostenere l’Ucraina. Mosca dovrebbe essere vista dagli americani (e dagli europei) più come un alleato che come un avversario, soprattutto alla luce delle mire di Pechino, la cui nomenclatura, quella, sì, è decisa ad imporre la propria egemonia sull’Indo-Pacifico.
Il confronto tra Nato e Russia non avrebbe mai dovuto sorgere. Nel 1962 quando Krusciov cercò di installare dei missili a Cuba, a 90 miglia dalla costa statunitense, John Fitgerald Kenney insorse e minacciò di attaccare l’Unione sovietica. Tutto il mondo si schierò dalla parte degli Stati Uniti. Mosca comprese e si ritirò ottenendo che Washington facesse altrettanto rimuovendo i missili dislocati in Turchia.
Fin dal 2014 la Russia aveva chiesto alla Nato di non espandersi verso Est. In pratica di non arrivare troppo vicino ai propri confini. Putin non si sarebbe mai avventurato in una guerra se fosse stata riconosciuta l’autonomia dei russi residenti nelle regioni ucraine, se Kiev non avesse insistentemente chiesto di entrare nella Nato e se non fosse stata messa in discussione la sovranità di Mosca sulla Crimea. È davvero impossibile risolvere una crisi, con un po’ di buon senso, come avvenuto nel 1962?
Di tante distruzioni e lutti patiti dagli ucraini e dai russi siamo responsabili anche noi europei perché non abbiamo avuto la capacità di esprimere autorevoli leader politici in grado di opporsi alle pessime decisioni prese dal Deep State soprattutto statunitense.
Contrastare e, ci si augura, rendere inoffensivi quegli “illuminati” che mirano a porsi al di sopra dei governi dovrebbe essere un ulteriore elemento di convergenza tra Trump e Putin.