Massima attenzione ai migranti, alla loro dignità e al loro desiderio di cercare una vita migliore lontano da guerre e povertà. L’appello dell’arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, cardinale Matteo Zuppi, pronunciato nella basilica di Santa Maria in Trastevere per la veglia ecumenica di preghiera “Morire di speranza” in memoria dei migranti deceduti in mare o sulla terra non sarebbe potuto essere più chiaro. “Ricordiamo e preghiamo – ha detto – e quanto ci aiuta la preghiera, affidare al Signore questi suoi fratelli più piccoli e quindi nostri fratelli, tutti piccoli e poveri Cristi, possiamo forse dimenticare?”.
Ricordando il ruolo della Chiesa come “madre, solo una madre che amiamo e che ama”. Ed è una madre che, aggiunge, “chiede di essere amata, capita, sostenuta, difesa, resa migliore con il nostro amore , perché a una madre non servono dichiarazioni o ragionamenti, ma amore, perché dona tutto quello che ha solo per amore , la madre non può dimenticare i suoi figli, tutti”. Il commosso ricordo di Zuppi è corso ai 2454 migranti diventati profughi che, da giugno 2023 ai giorni nostri, hanno trovato la morte nel Mediterraneo e lungo le vie di terra mentre cercavano l’Europa che per loro era sinonimo di un futuro migliore e di un ritorno a una vita chiamata speranza. Un futuro, il loro, che, sottolinea, “diventa anche il nostro futuro se lo vogliamo migliore”. Nella loro sofferenza, evidenzia il presidente della Cei, “ritroviamo tutti il senso di umanità e dignità, per non smarrirlo nel penoso narcisismo, nell’ignoranza volgare e rozza”. Perchè, dice, “perdendo la loro, in realtà, perdiamo la nostra dignità”.
Zuppi afferma apertis verbis che “non possiamo abituarci a persone che muoiono nell’angoscia nell’immensità del mare, nel freddo della notte, nel caldo che toglie il respiro nel deserto , per la sete, umiliati nel corpo da predoni e schiavisti”. Sono detentori di diritti da tutelare e “guai a rendere i diritti riferimenti inutili tradendo impegni e responsabilità”. Tra questi il diritto d’asilo in Europa che “continua a navigare insicuro sulle navi di trafficanti, anzichè essere tutelato da un’operazione europea di soccorso in mare e di intelligente gestione di un fenomeno che non è transitorio, che è sempre stato e le cui proporzioni richiedono lungimiranza, determinazione, visione, governo”. Il problema esige quindi, per Zuppi, di essere affrontato con una giusta progettualità capace di guardare lontano e di coniugare l’assistenza materiale con il respiro umano dell’autentico agire cristiano. Zuppi chiede al riguardo un cambiamento di prospettiva d’azione ai paesi dell’Europa e all’Unione Europea.
Non si può, dice, rimanere indifferenti o consegnare solo alla freddezza delle statistiche, a esempio, le 66 persone disperse di recente in mare di cui 26 erano bambini “perché erano soprattutto famiglie afghane”. Ogni migrante, ricorda, “è un pezzo dell’unica e irripetibile immagine di Dio, di quel mosaico straordinario che, se ricomposto nell’amore, permette di capire la bellezza della persona e la bellezza di Dio”. Le 8565 persone morte nei viaggi della speranza nel 2023 e le 1886 scomparse nel deserto del Sahara e sulla rotta marittima verso le Canarie esigono insomma non solo un ricordo commosso, ma un potenziamento dell’attenzione al dramma di chi migra in cerca di una vita più degna. Il pensiero di Zuppi abbraccia anche l’Ucraina “con poco meno di sei milioni di rifugiati nei paesi europei e con 4 milioni di profughi interni”. Ma fanno riflettere anche le realtà del Sudan, dei palestinesi di Gaza “un milione e settecentomila sfollate internamente più volte”, la Siria “che rimane la più grande crisi di rifugiati al mondo” e l’Afghanistan. Per essi fondamentale diventa il ruolo della preghiera che “ci aiuta a non abituarci, a provare i sentimenti della madre, a vergognarci della durezza del cuore, a tornare umani, perché parlare con Dio amore ci fa trovare quello che abbiamo perduto o che è sepolto sotto tanta paura e banale insipienza”.