Potrebbe essere il nuovo salvatore della patria del Lecco. E lui, l’intenzione l’avrebbe pure. Ma Aniello Aliberti prende tempo e, prima di prendersi nella famiglia anche la proprietà della società bluceleste, vuole vederci chiaro. Il perché lo ha spiegato in un’intervista concessa al quotidiano “La Provincia” senza tenersi in gola nulla. Ma proprio nulla. “Mi fermo e aspetto – è la sua strategia dichiarata al quotidiano locale- se tiro la linea sono molto pessimista, qui non gliene frega niente a nessuno, Lecco è solo dei tifosi”. Che, alcuni giorni fa, avevano appunto aperto il libro delle loro lamentazioni e intonato un concetto chiaro: noi la nostra parte l’abbiamo fatta sostenendo sempre la società anche quando il cielo era nero nerissimo, ora è la società a dovere battere un colpo. Perché, nel giardion infestante delle difficoltà, è pure spuntata un’altra pianta germogliata da un numero preciso: 2,6 milioni di Euro. a tanto ammonterebbe il debito dell’attuale Lecco. Ed è chiaro che, di fronte alla necessità di dover “adottare” una cifra del genere per poi doverla pure risanare, Aliberti prenda tempo.
“La linea definitiva- racconta ancora alla Provincia- la tirerò quando vedrò se siamo effettivamente iscritti al campionato”. Che, da logica, sarebbe quello di Lega Pro, terza serie, lo stesso da cui i blucelesti spiccarono il volo con l’entusiasmo a mille la scorsa stagione accompagnandosi alla Feralpi Salò, ora tornata in terza serie con loro per un destino in fotocopia reciproca. “Con 2,6 milioni di Euro di debito non c’è possibilità – dichiara ancora al quotidiano lecchese Aliberti – non è che non voglio, dopo 2,6 milioni di Euro e gli stipendi pagati con il paracadute , bisogna fare la squadra, e pagarla. Ci vorranno tre milioni per la prossima stagione”. Due milioni e sei da onorare, più tre milioni da tirare fuori per disegnare una compagine che sappia almeno disputare una stagione al riparo dai patemi se non proprio ritentare la scalata alla cadetteria sono una cifra da fare tremare le vene dei poisi. Se la situazione fosse regolarizzata, dice Aliberti, allora si che uno spiraglio di sole potrebbe cominciare a spuntare. “Io ormai ho fatto tutto quanto potevo esponendomi in ogni modo – prosegue Aliberti – tutti sanno che sono qui per il Lecco e nessuno, o quasi, si è fatto avanti concretamente”. Aliberti, insomma, non vuole regalare illusioni. Nè a se stesso, nè alla città, nè alla tifoseria. Senso di realtà sono le tre parole su cui fa viaggiare il suo pensiero.
“Se da qui al 3-4 giugno cambia qualcosa bene – compendia- altrimenti non ci sono margini per andare avanti”. A guadagnarci, puntualizza, sarebbe soltanto piazza Diaz, cioè il comune che, dice, “se il Lecco scomparisse, potrà affittare lo stadio a un prezzo più alto senza avere speso praticamente un Euro”. Altre piste, al momento, zero più zero uguale a zero. E i tifosi ricominciano a estrarre dal cassetto il drappo grigio della preoccupazione. La conclusione di Aliberti è amara: “al comune interessa la comunità artistico- letteraria – dice – ma non gli interessano i tifosi, tutto abbastanza deprimente”. E dire che, puntualizza, “se ci fossero state 15 imprese, non mille, disposte a entrare , con ciascuna 200 mila Euro di sponsorizzazioni che sono facilmente detraibili, si sarebbe partiti con un fondo da tre milioni di Euro, in più quasi altrettanti sarebbero stati quelli che avrei messo io”. Di nuovo calcolatrice alla mano, ma anche sostenendo lo sforzo matematico sull’energia delle dita delle due mani, tre più tre fanno sei. Sufficienti per pagare i debiti e per allestire una squadra degna di tal nome. Lo scenario in casa Lecco permane quindi fosco. A quando almeno un raggio di sole?