Quattro allenatori diversi, una rosa continuamente aggiustata in corsa e, alla fine, l’amara retrocessione in Lega Pro. Il Lecco ha finito nel peggiore dei modi una stagione che era cominciata male e , a un certo punto del campionato, pareva potersi raddrizzare.
La serie di vittorie che erano giunte nell’era di Emiliano Bonazzoli, infatti, sembrava porre le condizioni per poter raddrizzare la classifica. Dire cosa non abbia funzionato in questo Lecco sembra impresa semplice ma ardua. Pur senza intenzioni di alleggerire il discorso, occorre pur osservare che, per una matricola, mettere i piedi in una categoria nuova, specialmente se ritrovata dopo mezzo secolo da cui aveva fatto l’ultima apparizione, non era semplice.
La squadra ha cominciato con la gestione di Luciano Foschi, eroe della promozione in cadetteria lo scorso campionato, ha proseguito con il già citato Bonazzoli, ha provato a raddrizzare una classifica passata da qualche spiraglio di sole a un cielo plumbeo in un battito di ciglia con l’esperto Alfredo Aglietti e si è infine affidata per una dignitosa gestione finale ad Andrea Malgrati. Nulla da fare. Al netto di qualche partita che si sarebbe potuta gestire meglio, vedi, a esempio paradigmatico, una sconfitta contro il Sudtirol maturata proprio nei minuti di recupero quando il pareggio sembrava già scritto sulla pietra, questo Lecco ci ha provato. E può contare intanto su una ripartenza, al contempo, esterna e interna di entusiasmo. Esterna, perché non incide in modo diretto sul rendimento della squadra in campo e interna perché composta da chi, quei colori, non li abbandonerebbe mai neppure se la squadra giocasse in Terza categoria.
Si chiama tifoseria, una tifoseria che, certo, in questo campionato, ha dovuto ingoiare parecchi bocconi amari nè ha fatto mistero del suo disappunto ma, al tirare delle somme, non ha mai fatto mancare il proprio apporto anche quando la retrocessione in Lega Pro aveva assunto i connotati del definitivo. Nulla di nuovo sotto il sole. Nel calcio, come nella vita, si vince e si perde. E rinascere è sempre possibile. E vale la pena ripartire , a esempio, da una frase comparsa sui social l’indomani della sconfitta con i canarini del Modena: “a parte il risultato, sempre il Lecco nel mio cuore”.
Già, a Lecco hanno capito come gira il calcio, quale ne sia l’essenza. Bello esserci stati, in cadetteria. Ma a una discesa , a volte, si accompagna una pronta risalita. Ora starà alla città continuare a dare il suo entusiastico appoggio e alla dirigenza definire bene le linee guida, qualunque sarà il presidente che ne sarà alla guida. Perché nella terra che fu cara ad Alessandro Manzoni, il calcio è sempre stato e resta una cosa seria. Al di là di incidenti di percorso come una retrocessione occorsi anche a squadre blasonate.