Editto dell’Arcivescovo per gli 80 anni del centro sportivo italiano

A Milano si svolge la festa per l’80° anniversario della fondazione del CSI (Centro Sportivo Italiano) in piazza Duomo, che per l’occasione si è trasformata in un “villaggio sportivo” animato da tante attività e testimonianze di campioni dello sport.

L’Arcivescovo, mons. Mario Delpini, a conferma della vicinanza tra la Chiesa ambrosiana e il Centro Sportivo Italiano, ha presentato in questa occasione il primo “Editto”, come da lui stesso definito, dedicato alle società CSI della Diocesi. Fondato nel 1944 a Roma, il CSI è la più antica associazione polisportiva attiva in Italia, diffusa su tutto il territorio con 154 comitati provinciali, tra cui quello di Milano è il secondo più numeroso d’Italia.

Dopo avere visitato campi di gioco e stand presenti in piazza e avere dato il simbolico calcio di inizio, insieme alla vice sindaco di Milano, Anna Scavuzzo, a un’originale sfida di calcetto tra sacerdoti della Diocesi e rappresentanti della Nazionale dei sindaci, l’Arcivescovo ha dato lettura del documento davanti a numerosi dirigenti del CSI.

Nel testo mons. Delpini si sofferma innanzitutto sul valore dell’inclusività che offre la pratica sportiva: «Lo sport CSI è di tutti. I ragazzi e le ragazze con cittadinanza italiana e i ragazzi e le ragazze di qualsiasi cittadinanza, tutti i cittadini del mondo. Quelli di compagnia e quelli imprigionati nella solitudine. I normodotati e le persone con disabilità. È occasione per tutti per conoscersi e stimarsi».

«Lo sport del CSI – continua l’Editto – fa bene a tutti. Fa bene agli atleti: li rende più forti nelle difficoltà, più capaci di accogliersi gli uni gli altri. Fa bene agli allenatori e ai dirigenti: li rende attenti ai singoli atleti, esperti nel “saper prendere ciascuno” con il suo carattere. Fa bene ai preti: offre al ministero dei preti occasioni per incontrare e accompagnare ragazzi e ragazze che devono essere aiutati a crescere nella fede e a vivere la loro vocazione. Fa bene ai genitori: li coinvolge perché si conoscano e si aiutino, pretende un comportamento corretto anche nel fare il tifo».

L’impegno del CSI non deve però rimanere confinato agli oratori o alle società sportive, ma «essere presenza nei quartieri difficili, in carcere, nei luoghi di povertà educativa, nelle residenze per anziani. Non solo: deve uscire anche dall’Italia e diffondersi nelle periferie del mondo grazie all’azione di CSI per il mondo».

Nella conclusione l’Arcivescovo invita gli atleti, nel corso del nuovo anno di attività sportive, a compiere un gesto simbolico che aiuti a «cambiare le abitudini del mondo dello sport» favorendo la relazione tra gli atleti: «Penso a gesti da introdurre nel protocollo prima della gara, in occasione dell’ingresso in campo». Nel caso delle partite di calcio, ad esempio, la proposta di mons. Delpini è che le due squadre entrino in campo con i giocatori mischiati e non più una squadra da una parte e una dall’altra. Proposte analoghe riguardano le sfide di pallavolo e basket. «Si tratta di segni – conclude l’Arcivescovo -. Ma i segni parlano e dicono del desiderio di “cambiare lo sport” per fare in modo che sempre di più esprima tutte le meravigliose potenzialità educative che contiene».

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