Generale Giuseppe Morabito, membro del Direttorio della NATO Defence College – Poche ore fa l’ex Segretario Generale della NATO Lord George Robertson ha dichiarato che gli ucraini “combattono per noi” e “dobbiamo fare di più”.
Ha dichiarato anche che se la Russia dovesse sconfiggere l’Ucraina, il “resto di noi” sarebbe in pericolo perché Putin sarebbe “alimentato da qualsiasi successo che avrà in Ucraina”.
Atteso che questa dichiarazione chiarisce molto, se non tutto, dell’attuale situazione e dei dilemmi della coalizione che supporta Kiev, va rilevato che, tramite un consigliere militare molto vicino al capo di governo, l’Ucraina ha invitato Xi Jinping, il presidente della Cina Popolare , a partecipare ai colloqui di pace.
Al momento è noto che la Svizzera ha accettato di tenere il vertice, al quale dovrebbero partecipare numerosi leader mondiali, ma non è stata ancora fissata né la sede né la data.
Secondo fonti ucraine la partecipazione della Cina Popolare sarebbe molto importante per Kiev che tenterà di convincere i suoi partner nel mondo affinché trasmettano a Pechino il messaggio di quanto sia importante per trovare una soluzione la sua partecipazione a un simile vertice.
Il coinvolgimento della Cina Popolare nei colloqui potrebbe essere determinante per porre fine alla guerra. Sebbene Pechino sia rimasta vicina alla Russia dall’invasione dell’Ucraina nel 2022, in precedenza si era anche offerta di mediare nel conflitto e ha affermato che la sovranità e l’integrità territoriale di tutti i paesi devono essere rispettate. La dichiarazione in questione non coincide con le manifestate intenzioni aggressive contro la democrazia della Repubblica di Cina – Taiwan, ma questa è un’altra questione
Xi rimane uno dei più stretti alleati di Vladimir Putin tra le maggiori potenze mondiali, e le sue opinioni su un potenziale piano di pace potrebbero rivelarsi fondamentali per il futuro del conflitto in Ucraina e conseguentemente, negli equilibri strategici mondiali post conflitto.
In merito, va sottolineato che l’Ucraina dovrà sedersi al tavolo della pace forte sia del sostegno politico di tutto l’Occidente democratico sia di un acquisito importante sostegno economico e militare. Se cosi non fosse sarebbe come fare un favore alla Russia che affronterebbe il dialogo da posizioni di forza.
Nel frattempo, Russia e Ucraina continuano a contestare le circostanze dello schianto di mercoledì di un aereo da trasporto militare russo nella regione di confine di Belgorod. Nello schianto sono morte tutte le 74 persone a bordo. La Russia afferma che l’aereo trasportava 65 prigionieri di guerra ucraini che dovevano essere scambiati e che le forze ucraine lo hanno abbattuto.
Le scatole nere dell’aereo sono state consegnate ad un laboratorio specializzato a Mosca per essere analizzate e il governo ucraino ha chiesto massima chiarezza sull’incidente, accusando Mosca di “giocare con la vita dei prigionieri di guerra ucraini”.
Funzionari ucraini hanno affermato che la Russia non ha fornito prove credibili a sostegno delle sue affermazioni secondo cui le forze ucraine avrebbero abbattuto l’aereo da trasporto militare che, secondo Mosca, trasportava prigionieri di guerra ucraini che dovevano essere scambiati con prigionieri di guerra russi.
L’agenzia ucraina che si occupa dello scambio di prigionieri ha detto che i funzionari russi le hanno fornito “con grande ritardo” un elenco dei 65 ucraini che secondo Mosca sono deceduti nell’incidente aereo nella regione russa di Belgorod mercoledì scorso.
L’ufficio di coordinamento ucraino per il trattamento dei prigionieri di guerra ha affermato che i parenti dei prigionieri di guerra coinvolti non sono stati in grado di identificare i loro cari dalle foto del luogo dell’incidente fornite dalle autorità russe.
Mercoledì stesso il ministero della Difesa russo ha dichiarato che i missili, lanciati da oltre confine, hanno abbattuto l’aereo da trasporto che, avrebbe riportato i prigionieri di guerra in Ucraina. Le autorità locali di Belgorod, al confine con l’Ucraina, hanno confermato che nell’incidente sono morte tutte le 74 persone a bordo, tra cui sei membri dell’equipaggio e tre militari russi.