Editoriale – Nella festa di San Marco il giorno della Liberazione

Oggi 25 Aprile i credenti, oltre a celebrare la data simbolica che ricorda la liberazione dal nazifascismo avvenuta nel 1945, fanno memoria di san Marco, l’evangelista che ha raccolto la predicazione di San Pietro ai romani.

In realtà la fine delle ostilità, con la conseguente definitiva disfatta nazifascista, avverrà solo il 9 Maggio, giorno in cui il feldmaresciallo Keitel, firmò la resa della Germania nazista. Forse sarebbe stata più corretto individuare un’altra data più idonea, nella prima decade di Maggio, per solennizzare la fine delle ostilità e la riconquistata libertà.

Quest’anno la ricorrenza del 25 Aprile cade nell’ultimo giorno di lutto nazionale proclamato per la morte di Papa Francesco, il cui funerale sarà celebrato domani, sabato 26 Aprile in San Pietro a Roma.

Il Vangelo di San Marco, ricco di particolari tanto da accostarlo alla narrazione tipica dei cronisti, fu scritto tra il 50 e il 60. Come si legge in Vatican News «secondo la tradizione, egli trascrisse la predicazione di Pietro e le sue catechesi, rivolte specialmente ai primi cristiani di Roma, senza elaborarle o adattarle ad uno schema personale; per questo il suo Vangelo offre la vivacità e la schiettezza di un racconto popolare. La lingua è il greco, la più parlata a quei tempi; l’obiettivo dei racconti è dimostrare la potenza di Gesù Cristo, Figlio di Dio, che si manifesta nell’operare molti miracoli».

Lasciata Roma per approdare ad Alessandria in Egitto, dove sarebbe morto attorno al 68 e il 72, prima però l’Evangelista avrebbe vissuto qualche tempo ad Aquileia, importante presidio militare romano a difesa del confine orientale dell’impero. Lì convertì Ermagora diventato primo vescovo della città. Partito da Aquileia avrebbe fatto scalo alle isole Rialtine, nucleo originario della futura Venezia. Nasce da qui il suo legame con l’importante città lagunare che sarebbe sorta nel V secolo. È nel 1071 che i veneziani dedicano a San Marco la basilica e lo scelgono come loro patrono. Nel tempo, la Serenissima consolida il suo affetto per l’Evangelista, il cui simbolo, il leone alato che poggia la zampa su un libro con la scritta: “Pax tibi Marce evangelista meus”, diventa lo stemma della città. Diventata una delle più importanti repubbliche marinare, Venezia diffonderà l’effige del leone alato nei tanti luoghi colonizzati nell’intero Mediterraneo.

San Marco è patrono dei notai, degli scrivani, dei vetrai, degli ottici. È venerato come santo da varie Chiese cristiane: oltre a quella cattolica, anche dalla Chiesa ortodossa e da quella copta, che lo considera proprio patriarca.

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