Radici valtellinesi e ali milanesi. L’Aeronautica e un secolo di storia in piazza Novelli

Il 15 Maggio 1925 segna un momento cruciale nella storia dell’Aeronautica Militare Italiana, con la costituzione a Milano del Comando della Prima Regione Aerea Territoriale. Questa data ha rappresentato l’istituzione del primo comando di natura territoriale, con una giurisdizione che si estendeva sui reparti aeronautici del Nord-Ovest del Paese, comprendendo non solo le unità di volo, ma anche tutte le attività legate allo sviluppo dell’aviazione militare.

In occasione del centenario di questo evento, si propone di ripercorrere la storia dell’Aeronautica Militare attraverso la testimonianza del maresciallo Felice Fattarelli (nato a Prata Camportaccio (So) il 13 Agosto 1920), contenuta nel volume “Aviatori milanesi in guerra (1940-1945)”, custodito nella biblioteca di Palazzo Isimbardi che, situata nel cuore pulsante di Milano a pochi passi dal Duomo, non è solo un luogo di conservazione di libri e documenti, ma anche un testimone silenzioso della storia di Milano.

La testimonianza del maresciallo Fattarelli, raccolta a Milano il 27 Maggio 2004 in occasione del 50º anniversario della Forza Azzurra, offre uno spaccato vivido e personale delle esperienze di un aviatore durante la Seconda Guerra Mondiale. Attraverso il suo racconto, è possibile comprendere non solo le sfide e i pericoli affrontati dai piloti e dal personale di supporto, ma anche il profondo legame tra l’Aeronautica Militare e la città di Milano. La testimonianza del Maresciallo Fattarelli, insieme ad altri documenti e testimonianze, contribuisce a preservare la memoria di un’epoca cruciale per l’Aeronautica Militare e per l’Italia intera.

«La mia passione per il volo iniziò con la scuola di volo a vela a Casabianca, vicino a Chivasso, dove ottenni il brevetto A. Successivamente, a Vizzola Ticino, conquistai il brevetto B. Tuttavia, il mio vero sogno era diventare pilota di aerei a motore. Non avendo le risorse economiche necessarie, decisi di fare domanda per i corsi gratuiti della GIL (Gioventù Italiana del Littorio) a Sondrio. Con determinazione, partii in bicicletta dal mio paese, vicino a Chiavenna, e pedalai fino a Roma per consegnare la domanda direttamente al Comando generale della GIL (Gioventù Italiana del Littorio).

Dopo varie peripezie, riuscii finalmente ad incontrare il generale Giovine. Dopo aver esaminato la mia richiesta, mi consigliò di lasciar perdere il pilotaggio e di diventare marconista, assicurandomi che avrei imparato un mestiere. Ascoltai il suo consiglio e, nel 1941, fui ammesso al 3° Corso marconisti. La mia formazione si svolse in diverse tappe: otto mesi a Milano, in via Circo, otto a Napoli, poi la scuola di volo cieco a Linate e infine la scuola di specialità Aerosiluranti a Gorizia, dove venivano addestrati gli equipaggi.

A Gorizia, ripresi lo studio del tedesco, che avevo già iniziato a Chiavenna e completai l’addestramento operativo. Successivamente, fui trasferito al 13° Stormo a Reggio Emilia, assegnato alla 3° Squadriglia del 43° Gruppo, che all’epoca volava sui Ca 314 (Caproni). Il volo di trasferimento a Manduria si concluse con un atterraggio rocambolesco, fortunatamente senza vittime, a causa del ribaltamento dell’aereo. Alla fine dell’anno, lo Stormo fu sciolto e il 43° Gruppo, divenuto autonomo, fu trasferito a Devoli, vicino a Berat, in Albania. Le nostre missioni consistevano in ricognizioni e, occasionalmente, bombardamenti sulle postazioni partigiane. Da Devoli, ci spostammo a Scutari, poi all’aeroporto di Durazzo, e infine di nuovo a Scutari, dove fummo sorpresi dall’armistizio. Inizialmente, i tedeschi, in inferiorità numerica, temevano di essere catturati.

Tuttavia, presero presto il controllo, portando via gli ufficiali e caricando noi sottufficiali su due camion per il ritorno in Italia. Durante il viaggio notturno, riuscii a fuggire e, dopo quattro giorni di cammino, tornai a Scutari, dove trovai rifugio presso una famiglia. Da lì, mi spostai in Montenegro. Il 5 Maggio 1944, la casa in cui mi trovavo fu bombardata e rimasi sepolto sotto le macerie. Riuscii a liberarmi e continuai la mia fuga in Albania. Una famiglia che conoscevo mi nascose fino a quando, nel novembre 1944, i tedeschi si ritirarono e i partigiani mi reclutarono, offrendomi l’alternativa tra lavoro e campo di concentramento. Ovviamente, scelsi il lavoro: ripristinare le strade tra Scutari e Tirana.

Nel Marzo 1945, vidi degli SM.82 (Savoia-Marchetti) italiani sorvolarmi. Scoprii che facevano scalo a Tirana e riuscii a ottenere un permesso per raggiungerli. Presso il centro di raccolta italiani, incontrai un mio compagno di corso che mi ospitò. Dopo circa dieci giorni, seppi che due SM.82 (Savoia-Marchetti) sarebbero arrivati da Bari per riportare in patria i malati più gravi. Mi recai all’aeroporto e, con mia sorpresa, riconobbi un altro compagno di corso tra gli equipaggi in partenza. Mi suggerì di presentarmi mezz’ora prima del decollo. Mi cedette la sua tuta da volo e, confondendomi tra gli equipaggi, riuscii a imbarcarmi e a raggiungere Bari. Era l’11 Aprile 1945. A guerra finita, ripresi servizio, congedandomi nel 1978 con il grado di maresciallo». ./.(continua lunedì 5 Maggio)

didascalia: Felice Fattarelli immagine tratta da “Aviatori milanesi in guerra (1940-1945)” – biblioteca Isimbardi Milano

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