Pubblichiamo un’analisi dettagliata e approfondita curata dal dottor Alberto Virgolino, Presidente dell’Associazione Italiana Ginecologi Ostetrici Cattolici (A.I.G.O.C.) che ringraziamo per la gentile concessione. Questo accurato studio eseguito per conto del Comitato “Pro-life Insieme”, affronta in maniera esaustiva il complesso e controverso argomento della fecondazione, esplorandone le molteplici implicazioni morali e sociali.
“In merito alla raccolta di firme per la “PMA (Procreazione medicalmente assistita) per tutte. Il diritto di ogni donna a diventare mamma”. La L. 40/2004 promulgata ormai 21 anni fa, intendeva regolamentare la fecondazione artificiale extracorporea in vitro o in provetta (FIVET/ICSI) per scongiurare tutti quegli abusi che l’industria procreatrica aveva messo in campo per soddisfare il desiderio di coppie o singoli di avere figli “a tutti i costi”. Era una legge che doveva bandire il cosiddetto “farwest procreatico”. Venivano ammesse tecniche di intervento sui gameti (ovuli e spermatozoi) e sugli embrioni concepiti al di fuori del corpo della donna per opera di biotecnologi, al solo fine di rimediare, come ultima spiaggia, alla sterilità ed infertilità di coppia.
Così come è testualmente dichiarato nel primo articolo di quella legge: “Al fine di favorire la soluzione dei problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o dalla infertilità umana è consentito il ricorso alla procreazione medicalmente assistita, alle condizioni e secondo le modalità previste dalla presente legge, che assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito”.
Era dunque una legge che, per quanto tentava di mettere “paletti” all’uso indiscriminato della “provetta selvaggia”, conteneva in se stessa una contraddizione di fondo: impossibile, sempre e comunque, sul piano tecnico, rispettare il diritto del concepito, come “soggetto coinvolto”.
La fecondazione extracorporea, anche se venisse prodotto un solo embrione in provetta e venisse trasferito da solo nell’utero di sua madre, metterebbe ad alto rischio la vita dello stesso figlio all’inizio della sua esistenza; pertanto non sarebbe garantito in modo assoluto il rispetto di questo diritto fondamentale per l’essere umano.
Quanto detto è possibile verificarlo dai dati che vengono riportati nelle Relazioni annuali del Ministero della Salute al Parlamento italiano sull’applicazione della L. 40.
Anno dopo anno si conferma l’altissima percentuale (80-90%) di embrioni che vengono sacrificati perché scartati prima del loro trasferimento nell’utero materno, e che, seppur trasferiti non riescono ad annidarsi. A questi, si aggiungono gli embrioni sovrannumerari che vengono crioconservati, cioè lasciati nei freezer a -196° C, sempre in numero crescente (ormai quelli dichiarati superano in totale i 170.000!). L’embrione è trattato come un semplice “oggetto biologico” della cui perdita non si avverte il benchè minimo dispiacere. Fa semplicemente parte di un “costo” inestimato (ma inestimabile!) per ottenere un “figlio in braccio”.
Questa ecatombe è conseguente alla rimozione di quei “paletti” operata – incredibile a dirsi – dalla Corte Costituzionale con le seguenti sentenze: 1) la n. 151 del 2009 che ha consentito la produzione di un numero di embrioni superiore a quello degli embrioni trasferibili contemporaneamente in utero (massimo 3), quindi ha dato il benestare alla crioconservazione degli embrioni sovrannumerari; 2) la n.162 del 2014 che ha consentito l’uso di gameti (ovociti e spermatozoi) donati alla coppia per la FIVET eterologa; 3) la n. 96 del 2015 che ha consentito la diagnosi genetica pre-impianto per selezionare e scartare gli embrioni portatori di difetti genetici.
Oggi, le attiviste dell’Associazione Coscioni premono per l’abbattimento di un ultimo “paletto” contenuto nell’art.5 della stessa L. 40: l’accesso alle tecniche di PMA a persone maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, potenzialmente fertili (non donne in menopausa!), entrambi viventi.
Si fa leva sul “diritto alla genitorialità”, all’ “uguaglianza dei diritti riproduttivi”, contro una paventata “discriminazione sociale” della donna single o convivente con altra donna. Se queste istanze ideologiche che rispondono essenzialmente ad una visione individualistica ed utilitaristica della vita umana fossero sciaguratamente accolte dalla Corte Costiruzionale per il riconoscimento del solo principio assoluto della “libera scelta” e dell’autodeterminazione del cittadino o cittadina in questo caso, sprofonderemmo ancora di più nella barbarie del tanto deprecato “farwest procreatico”. Si confermerebbe ancora una volta l’intenzionale negazione totale dell’essere umano vivo e vitale fin dal concepimento, escluso dal consesso civile delle persone adulte o comunque già nate.” (Dr. Alberto Virgolino – Presidente A.I.G.O.C. Per Comitato “ Pro-life insieme “ www.prolifeinsieme.it)