Forse una delle imprese più ardue è correggere un linguaggio appresso in modo errato. Ci hanno insegnato che i ladri rubano, gli assassini uccidono e i drogati si drogano. Così diciamo semplicemente “ladro” anziché “uomo che ha rubato”, “pedofilo” e non “uomo che ha commesso atti di pedofilia”, “prostituta” invece di “donna che si prostituisce”. Non ce ne accorgiamo ma, parlando così, identifichiamo il peccato col peccatore, la malattia col malato, il mestiere con chi lo svolge. Se dunque uno si dovesse prendere un caffè con un uomo che ha commesso rapine, si direbbe che frequenta rapinatori e ne approva la condotta. Così era per Gesù, che mangiava coi peccatori. Ma lui non mangiava con i peccatori bensì con uomini e donne che avevano commesso molti peccati e che però l’avevano invitato a pranzo, cucinando cose buone per lui e volendogli molto bene. Iniziarono così a riscoprire essi stessi il proprio nome, a separarsi dai loro peccati e dai loro mestieri indecenti. Presero a chiamarsi Levi, Matteo, Maddalena o Paolo e non più esattore, o peccatrice o fariseo. E lo seguirono. Perché chi ci chiama con il nostro nome e non con quello delle nostre colpe, va seguito e mai più perduto….https://lalocandadellaparola.com/2025/01/18/seguimi-8/
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