Intervistato dal “Corriere della sera” l’antivigilia di Natale, il filosofo Massimo Cacciari ha spiegato che la tragedia odierna sta «nella scristianizzazione. Nel fatto che non si ascoltano più le parole di Gesù. Puoi benissimo non credere in Dio, non credere che Gesù sia il Lógos che sta presso Dio eccetera, ma le sue sono parole di una figura storica, pronunciate e trasmesse. Qui non c’entra la “morte di Dio” alla Nietzsche. Sono le parole del Vangelo, le Beatitudini, il Samaritano, che oggi tacciono».
Qualche giorno prima su “La Verità” Marcello Veneziani, ragionando sulla centralità dell’Europa e dell’Occidente, s’è chiesto se ciò fosse possibile «senza ritrovare la cristianità» e aggiungeva: «Non si può pensare che una società possa sopravvivere ignorando da dove proviene; e che possa rinunciare ai legami comunitari che la costituiscono sin dalle origini: non si può credere che senza riconoscere eredità comuni, tradizioni, culture, linguaggi, riti, simboli, sia possibile fondare alcunché (…).
Non si può risolvere tutto facendo affidamento alla potenza della tecnologia, della medicina, dell’economia e della finanza, o peggio agli apparati militari, farmaceutici, mediatici.
Bisogna ritrovare un terreno comune che precede quei campi e che dà un senso e un destino alla vita, oltre che prolungarne e migliorarne le prestazioni».
Oltre che rimettere in gioco «l’intelligenza, l’energia, la fiducia e la fede», Veneziani concludeva il suo ragionamento così: «L’atto primo resta una rifondazione spirituale e comunitaria; e già a dirlo sembra impossibile. Solo dopo si potrà decidere se rifondare l’Europa e/o l’Occidente o se oltrepassare l’uno e/o l’altro.
Prima dotarsi di una visione non solo orizzontale ma verticale, che sappia cioè andare in profondità e in altezza; poi viene il resto. Quasi impossibile ma necessario».
Cacciari e Veneziani sono due robusti intellettuali (progressista il primo, conservatore il secondo), che non possono essere certamente definiti apologeti cattolici.
Stupisce quindi, molto favorevolmente, che entrambi siano giunti alla conclusione che l’Occidente e l’Europa, per avere un futuro, debbano tornare alle proprie origini, a quei valori che, con disarmante semplicità, sono stati enunciati in quei quattro libricini scritti dagli Evangelisti nel primo secolo dell’era cristiana.
C’è poco da scherzare: più l’umanità si allontana da Dio, più soffre. Scalda il cuore apprendere che lo ammettano due illustre figure di quel mondo laico che non fa sconti alla Chiesa e ai suoi praticanti.
Le loro parole rafforzano il convincimento di tanti cristiani che considerano diabolico il piano accarezzato da chi s’illude di vincere la morte attraverso il progresso scientifico supportato dalla tecnologia.
Il riferimento al progetto del Forum economico di Davos è esplicito. I suoi promotori certamente irridono la “storiella” di Lucifero, l’angelo che sfidando l’Eterno è precipitato agli inferi, ma senza rendersene conto ne emulano le gesta.
Più che mai, in queste ore natalizie, ci viene da chiosare: «Beati quelli che pur non avendo visto crederanno».